Non siamo tutti colpevoli: per farla finita con la retorica femminista…
Il dibattito attorno alla violenza di genere, che merita tutta la nostra attenzione e serietà, sta purtroppo scivolando verso un clima di generalizzazione tossica che rischia di compromettere il dialogo e di alienare proprio quelle persone che, nel quotidiano, rappresentano il rispetto e la cura verso il prossimo. Mi riferisco a quegli uomini, come il sottoscritto e tanti altri, che sono cresciuti con una solida educazione al rispetto delle donne, che si impegnano ogni giorno per costruire relazioni basate sull’uguaglianza e sulla stima reciproca. Non siamo colpevoli di nulla, e non accetteremo di essere accusati per il solo fatto di appartenere a un genere o ad una categoria di persone.
Generalizzare, insinuare che ogni uomo sia un potenziale carnefice o controllore, è una scorciatoia “intellettuale” – anche se di intellettuale ha ben poco – mediata attraverso un approccio semplicistico e pericoloso. Frasi come quelle riportate nel manifesto – “Perché ti stai truccando? A me piaci così” – vengono decontestualizzate, caricate di una valenza negativa e considerate automaticamente sintomatiche di violenza psicologica. Questo non è un passo avanti, è una deriva culturale che rischia di banalizzare le vere battaglie contro la violenza di genere.
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