sabato 30 novembre 2024
venerdì 29 novembre 2024
LA STRADA DELL' ONORE : Al Capo della Guardia di Ferro
"Percorri soltanto le vie indicate dall’Onore.
Lotta e non essere mai vile.
Lascia agli altri le vie dell’infamia: Piuttosto che vincere per mezzo di un’infamia, meglio cadere lottando sulla strada dell’Onore"
"Credevamo tutti in Dio; non c'era nessun ateo fra noi.
Quanto più eravamo soli e circondati di nemici, tanto più il nostro pensiero si elevava verso Dio
e verso i morti nostri e della nostra stirpe.
Questo ci dava una forza invincibile e una serenità luminosa di fronte a tutto".
Pentru legionari, Corneliu Zelea Codreanu
30 novembre 1938
Al Capo della Guardia di Ferro assassinato dai suoi carcerieri in una lontana notte tra il 29 ed il 30 novembre in Romania
La Migliore Gioventù abbassa gli stendardi,
ed innalza i Cuori
giovedì 28 novembre 2024
mercoledì 27 novembre 2024
martedì 26 novembre 2024
lunedì 25 novembre 2024
HA STATO IL CALIPPO : una società malata è dir poco...
domenica 24 novembre 2024
SENZA VERGOGNA - Ecco come chiamare neri e trans: “persona afrodiscendente” - Al Corriere sbarca il corso woke
“la parola con la n che finisce per o meglio non pronunciarla mai”, di colore non va troppo bene perché “definisce tutte le persone non bianche”, quindi solo “nero” o “persona afrodiscendente”
il corso sostenuto dai cronisti del Corriere classifica come micro-aggressione l’uomo che siede a gambe spalancate, che deriva “dall’educazione sottostante agli uomini di dominare lo spazio, occupare tutto il mondo che ti circonda.
“Ecco come chiamare neri e trans”. Al Corriere sbarca il corso woke
Giornalisti costretti a seguire una lezione on-line su come scrivere in modo inclusivo: il nadir del buonsenso
di Franco Lodige
Scrivere bene? No. Scrivere cose vere? Nemmeno. Deontologia? Macchè. La priorità per un buon giornalista è scrivere in maniera inclusiva. No, non è una boutade o una sparata di qualche pericoloso conservatore, ma purtroppo si tratta della realtà dei fatti. L’ultima follia woke riguarda il Corriere della Sera, dove i giornalisti sono stati costretti a seguire un corso online dedicato al linguaggio inclusivo. In altri termini: come chiamare i trans, come chiamare i neri, sessismo e non sessismo, maschile sovraesteso e tutte le altre stupidaggini che interessano a pochi, perlopiù a sinistra.
Come riportato dal Dagospia, il corso serve per apprendere un “uso non sessista della lingua italiana” e per “evitare l’uso del maschile sovraesteso”. Poi, la lezioncina woke evidenzia che i “Gender Bias sono distorsioni mentali in base alle quali, per esempio, in fase di assunzione si preferisce un uomo a una donna” oppure in base alle quali qualcuno ancora utilizza i termini “signorina e signora” anziché il cognome. In poche parole, se non conosci il nome del tuo interlocutore sei finito. O finita, prima che qualcuno si offenda.
Ai giornalisti del Corriere è stato consigliato di porre attenzione ai titoli utilizzati. Tra gli esempi uno che ha scatenato un putiferio sui social nel corso delle ultime Olimpiadi: “Italia oro nella spada squadre, francesi battute in casa. Le 4 regine: l’amica di Diletta Leotta, la francese, la psicologa e la mamma”. Ecco la versione politicamente iper-corretta: “Le atlete Rossella Fiamingo, Alberta Santuccio, Giulia Rizzi e Maria Navarria medaglia d’oro a Parigi 2024 nella spada a squadre. Francesi battute in casa”. Woke batte fantasia e stile tre a zero, partita senza appello. Con buona pace della qualità della penna.
Nell’epoca woke hanno acquisito grande importanza le presunte micro-aggressioni, quelle che un tempo sarebbero state definite normali discussioni tra colleghi. Ebbene, il corso sostenuto dai cronisti del Corriere classifica come micro-aggressione l’uomo che siede a gambe spalancate, che deriva “dall’educazione sottostante agli uomini di dominare lo spazio, occupare tutto il mondo che ti circonda. Le donne, invece, sono educate sin da piccole a parlare con gentilezza”. Ripetiamo: non è uno scherzo o una burla. Anzi, rilanciamo: “I maschi usano il tone-policy solo contro le donne, non dicono mai a un collega maschio di abbassare il tono”. Naturalmente bisogna classificare come micro-aggressione un complimento non richiesto. Robe da matti.
Ed eccoci forse alla parte più divertente, il trionfo del woke. Parliamo dei termini da non utilizzare. Ovviamente la priorità va ai femminili professionali, come ingegnera e assessora. La formula Boldrini in poche parole. Se una donna chiede di essere chiamata con maschile professionale “questo è perché si usa il maschile in professioni considerate prestigiose e il femminile in professioni considerate non prestigiose come cuoca o cassiera”. Beatrice Venezi, questo è per lei. Arriviamo al genere e la prima indicazione è quello di raddoppiarlo (“Cari colleghi e care colleghe…”) oppure ricorrere agli strumenti prediletti dei seguaci del risveglio, ossia la schwa o l’asterisco.
A proposito di genere, bisogna tenere presente la distinzione con il sesso. Dunque i transgender sono persone la cui identità di genere “non corrisponde al sesso assegnato alla nascita” e perciòsi può scrivere “persona trans” ma guai a utilizzare “il trans”, da considerare una vera e propria offesa. Ed ecco il termine queer, “definizione ombrello per tutte le identità di genere che non corrispondono al sesso assegnato alla nascita”. Genuflessione totale alla comunità arcobaleno, ma chi può dirsi sorpreso? Guai poi a fare riferimento all’età delle persone – non si può parlare di giovani e anziani, non è inclusivo – mentre per i neri ci sono dei diktat chiari: “la parola con la n che finisce per o meglio non pronunciarla mai”, di colore non va troppo bene perché “definisce tutte le persone non bianche”, quindi solo “nero” o “persona afrodiscendente” (23 caratteri).
Probabilmente molti giornalisti del Corriere saranno d’accordo con il vademecum woke, ma siamo liberi di dire che si tratta di una fesseria sesquipedale. Perché è proprio questa esasperazione a creare malumori, forzature inutili e il più delle volte controproducenti. Fa davvero tutta la differenza di questo mondo dire “ciao a tutti” e non “ciao a tutti e tutte”? Può davvero avere senso definire una persona di colore “persona afrodiscendente”? Più che inclusivo, sembra una presa in giro. Ma la religione woke non conosce vergogna…
Franco Lodige, 23 novembre 2024
ISRAELE E LA DESTRA – succuba (anche) culturale - Articolo Maurizio Blondet
ISRAELE E LA DESTRA – succuba (anche) culturale
Ma il pezzo forte del servizio è arrivato sulla deriva filoisraeliana della destra dal Msi passando per An. È stato ricordato che l’Italia, con Andreotti e Craxi, aveva saputo mantenere una politica equanime tra Israele e Palestinesi, come si addice ad una potenza regionale mediterranea. Ma poi con l’arrivo di Berlusconi tutto cambiò. Israele è diventata l’unica democrazia occidentale del Medio Oriente (che è oltretutto un falso: Israele è oggi lontana dal modello democratico) e l’alleato esclusivo nell’area. Una svolta che, insieme ad un atlantismo pecorone, fu inseguita dai vertici del Msi/An onde farsi accreditare a Washington e Tel Aviv che diffidavano dei “fascisti” al governo. Tra gli intervistati anche Gianni Alemanno che ha ricordato quanto tale svolta fu imposta da Fini nel disappunto degli altri leader di An i quali, compreso lui, non ebbero però la volontà di opporvisi. Una cosa l’ha detta giusta Alemanno ossia che l’intera operazione fu una rimozione del fascismo piuttosto che una necessaria revisione interna del giudizio storico su di esso per scindere il grano dal loglio. E questa rimozione, più dannosa che altro, ha continuato a determinare le scelte successive di An e determina anche oggi quelle di Fratelli d’Italia.
Qui arriviamo alla destra di governo attuale. Nel servizio è stato spiegato che essa oggi ha sposato il nazionalconservatorismo alla Hazony. Yoram Hazony è un filosofo conservatore ebreo-americano che è stato anche l’ispiratore della politica culturale del partito di Nietanyau. Dirige un think tank: l’Herzel Institute molto potente anche finanziariamente. Il suo pensiero è un misto di conservatorismo anglosassone alla Burke e di etnonazionalismo ebraico. Hazony considera il regno biblico di Israele il modello di tutti i nazionalismi. Un modello da opporre, e che secondo lui si è sempre storicamente opposto, agli imperi tradizionali che egli, con totale disprezzo della storia, e della Sapienza perenne, assimila a ciò che oggi sono l’Onu, la Ue e le altre organizzazioni globaliste. Si tratta con tutta evidenza di una concezione vicina alla componente nazionalista del messianismo giudaico postbiblico, quella per la quale il popolo ebreo sarebbe il “messia collettivo” che salverà il mondo. Negli Stati Uniti questa prospettiva, nella sua versione “cristiano-sionista”, è in pratica sposata da milioni di protestanti fondamentalisti. È stato messo in evidenza nel servizio che tale pensiero alla Hazony è diventato il bagaglio culturale di tutti i movimenti conservatori e di estrema destra, da Vox ai nazionalisti polacchi lituani estoni, dalla Lega alla Le Pen, da AfD a FdI. Oltre che della selva di gruppi neonazisti europei. Il tradizionale sentimento di avversione o sospetto verso lo Stato di Israele e il sionismo dei partiti di destra è ora stato surrogato – sotto influsso di questo conservatorismo ebreo-americano – da un antislamismo colto sia in chiave di anti-immigrazionismo che di scontro di civiltà.
Senza dubbio va fortemente rimarcato che questo di Report non era un servizio neutro perché filtrava lo scenario nell’ottica dell’apolidia universalista della sinistra postcomunista arcobaleno e lgbt. Non a caso, infatti, nel servizio era fortemente sottolineato che il nazionalconservatorismo sposa tesi antiabortiste, “omofobe”, antifemministe et similia. Questo spiega le forzature del servizio nel mettere in consequenziale connessione il nazionalconservatorismo di importazione americana con certi fenomeni identitari di estrema destra. Un accostamento non automatico che invece nel servizio era presentato come inevitabilmente naturale se si sposano patriottismo e morale sessuale tradizionale. Questo è mero killeraggio giornalistico. Anzi, nel servizio con toni complottisti si faceva dell’Herzel Institute e di Israele le centrali della “nuova destra neonazista” europea. Che può essere per certi versi vero – Israele quando ha bisogno di alleati non guarda al sottile come nel caso ucraino e dei neonazisti che appoggiano Zelensky – ma oltre un certo limite è una forzatura.
Tuttavia il servizio metteva in evidenza, qui sta la sua importanza, un grave problema di deriva culturale del mondo della destra che un tempo fu sociale. Nell’assoluto silenzio delle questioni teologiche che sono sottese alla politica – ad esempio che quello del “giudeocristianesimo” è un mito giacché la separazione vi fu già nel 49 dopo Cristo con il primo Concilio di Gerusalemme – e sposando un antislamismo funzionale al sistema di potere geopolitico americano, il passaggio non tanto al nazionalconservatorismo in sé, che se inteso quale difesa dell’identità storico-culturale di un popolo non andrebbe sic et simpliciter respinto (casomai va integrato con troppo mancanti componenti di socialità e anche, se si vuole, di socialismo onde rimarcare l’essenza organicista della comunità nazionale) ma al conservatorismo nazionale israelo-americano è un suicidio politico, culturale e storico. Questo è il vero e tragico problema. Non la presunta marea neonazista paventata da Report.
La Meloni ci ha inchiodato alla cosca perdente…
QUELLE DONNE DI SERIE B. LA VOSTRA " SOCIETA' MULTICULTURALE" HA FALLITO - INVITO PER VENERDÌ 6 DICEMBRE
VENERDÌ 6 DICEMBRE ORE 21:00
presso l’Auditorium comunale di
Terno d’Isola (BG),
cittadina bergamasca dove l'estate scorsa
venne uccisa Sharon Verzeni.
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“Le vite delle donne contano”
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Il nostro ringraziamento, ed un caro saluto, ai ragazzi di Educazione Padovana per l'invito e l'ospitalità
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Non sono solo le parole di una canzone, ma la realtà delle cose. Non c'è uno straccio di prova, che i presunti "esecutori mater...
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