ISRAELE E LA DESTRA – succuba (anche) culturale
Ma il pezzo forte del servizio è arrivato sulla deriva filoisraeliana della destra dal Msi passando per An. È stato ricordato che l’Italia, con Andreotti e Craxi, aveva saputo mantenere una politica equanime tra Israele e Palestinesi, come si addice ad una potenza regionale mediterranea. Ma poi con l’arrivo di Berlusconi tutto cambiò. Israele è diventata l’unica democrazia occidentale del Medio Oriente (che è oltretutto un falso: Israele è oggi lontana dal modello democratico) e l’alleato esclusivo nell’area. Una svolta che, insieme ad un atlantismo pecorone, fu inseguita dai vertici del Msi/An onde farsi accreditare a Washington e Tel Aviv che diffidavano dei “fascisti” al governo. Tra gli intervistati anche Gianni Alemanno che ha ricordato quanto tale svolta fu imposta da Fini nel disappunto degli altri leader di An i quali, compreso lui, non ebbero però la volontà di opporvisi. Una cosa l’ha detta giusta Alemanno ossia che l’intera operazione fu una rimozione del fascismo piuttosto che una necessaria revisione interna del giudizio storico su di esso per scindere il grano dal loglio. E questa rimozione, più dannosa che altro, ha continuato a determinare le scelte successive di An e determina anche oggi quelle di Fratelli d’Italia.
Qui arriviamo alla destra di governo attuale. Nel servizio è stato spiegato che essa oggi ha sposato il nazionalconservatorismo alla Hazony. Yoram Hazony è un filosofo conservatore ebreo-americano che è stato anche l’ispiratore della politica culturale del partito di Nietanyau. Dirige un think tank: l’Herzel Institute molto potente anche finanziariamente. Il suo pensiero è un misto di conservatorismo anglosassone alla Burke e di etnonazionalismo ebraico. Hazony considera il regno biblico di Israele il modello di tutti i nazionalismi. Un modello da opporre, e che secondo lui si è sempre storicamente opposto, agli imperi tradizionali che egli, con totale disprezzo della storia, e della Sapienza perenne, assimila a ciò che oggi sono l’Onu, la Ue e le altre organizzazioni globaliste. Si tratta con tutta evidenza di una concezione vicina alla componente nazionalista del messianismo giudaico postbiblico, quella per la quale il popolo ebreo sarebbe il “messia collettivo” che salverà il mondo. Negli Stati Uniti questa prospettiva, nella sua versione “cristiano-sionista”, è in pratica sposata da milioni di protestanti fondamentalisti. È stato messo in evidenza nel servizio che tale pensiero alla Hazony è diventato il bagaglio culturale di tutti i movimenti conservatori e di estrema destra, da Vox ai nazionalisti polacchi lituani estoni, dalla Lega alla Le Pen, da AfD a FdI. Oltre che della selva di gruppi neonazisti europei. Il tradizionale sentimento di avversione o sospetto verso lo Stato di Israele e il sionismo dei partiti di destra è ora stato surrogato – sotto influsso di questo conservatorismo ebreo-americano – da un antislamismo colto sia in chiave di anti-immigrazionismo che di scontro di civiltà.
Senza dubbio va fortemente rimarcato che questo di Report non era un servizio neutro perché filtrava lo scenario nell’ottica dell’apolidia universalista della sinistra postcomunista arcobaleno e lgbt. Non a caso, infatti, nel servizio era fortemente sottolineato che il nazionalconservatorismo sposa tesi antiabortiste, “omofobe”, antifemministe et similia. Questo spiega le forzature del servizio nel mettere in consequenziale connessione il nazionalconservatorismo di importazione americana con certi fenomeni identitari di estrema destra. Un accostamento non automatico che invece nel servizio era presentato come inevitabilmente naturale se si sposano patriottismo e morale sessuale tradizionale. Questo è mero killeraggio giornalistico. Anzi, nel servizio con toni complottisti si faceva dell’Herzel Institute e di Israele le centrali della “nuova destra neonazista” europea. Che può essere per certi versi vero – Israele quando ha bisogno di alleati non guarda al sottile come nel caso ucraino e dei neonazisti che appoggiano Zelensky – ma oltre un certo limite è una forzatura.
Tuttavia il servizio metteva in evidenza, qui sta la sua importanza, un grave problema di deriva culturale del mondo della destra che un tempo fu sociale. Nell’assoluto silenzio delle questioni teologiche che sono sottese alla politica – ad esempio che quello del “giudeocristianesimo” è un mito giacché la separazione vi fu già nel 49 dopo Cristo con il primo Concilio di Gerusalemme – e sposando un antislamismo funzionale al sistema di potere geopolitico americano, il passaggio non tanto al nazionalconservatorismo in sé, che se inteso quale difesa dell’identità storico-culturale di un popolo non andrebbe sic et simpliciter respinto (casomai va integrato con troppo mancanti componenti di socialità e anche, se si vuole, di socialismo onde rimarcare l’essenza organicista della comunità nazionale) ma al conservatorismo nazionale israelo-americano è un suicidio politico, culturale e storico. Questo è il vero e tragico problema. Non la presunta marea neonazista paventata da Report.
La Meloni ci ha inchiodato alla cosca perdente…
Nessun commento:
Posta un commento