DOPO PIAZZA SANT’ANTONIO, IL 6 NOVEMBRE 1953 LA BATTAGLIA E I MORTI IN PIAZZA UNITÀ
(Il giorno seguente i fatti sanguinosi di piazza Sant’Antonio e gli spari sugli studenti, molti di quei ragazzi non possono uscire di casa trattenuti dai loro genitori. Ma la protesta non si arresta. In piazza scendono per un’altra battaglia impari i ragazzi dell’ateneo e non solo. Qui le pagine del libro Trieste a destra e un’immagine degli scontri in piazza dell’Unità d’Italia)
Dopo i morti del 5 in piazza Sant’Antonio, il 6 novembre gli incidenti proseguono fin dalla prima mattina. Un corteo formato da circa 2.000 persone attraversa corso Italia e devasta la sede del Fronte dell’indipendenza, dove si presume trovino riparo i responsabili di un'aggressione a danno di due studenti avvenuta poco prima. Prosegue quindi in direzione di piazza Unità, dove i manifestanti si lanciano all'assalto del palazzo della Prefettura, presidiato dalla Polizia civile e dal Nucleo mobile. Agli spari degli agenti questa volta viene opposto il lancio di bombe a mano. Nei cruenti scontri cadono mortalmente al suolo tre manifestanti: Francesco Paglia, lo studente universitario ventiquattrenne alla guida della Giunta d'intesa studentesca e della Goliardia nazionale, colpito al petto dopo aver strappato di mano a un agente un moschetto, Saverio Montano, ex partigiano cinquantaduenne, e Leonardo Manzi, studente sedicenne della Giovane Italia, morto in ospedale dopo l'urlo straziante di "Mamma, viva l'Italia". Durante un successivo tentativo d'assalto, anche il cinquantenne Erminio Bassa, attivista missino, viene colpito mortalmente da una pallottola sotto il Municipio.
Gli scontri proseguono con meno intensità anche nel pomeriggio e solo verso sera torna una certa calma.
Il bilancio delle tre giornate di rivolta è pesante, con 6 morti, 153 feriti e 6 arrestati, tra cui Fabio Lonciari, dirigente del Msi. Successivamente verranno emessi altri mandati di cattura e portati a giudizio trentasei indagati; un anno dopo morirà anche Stelio Orciuolo, che non si riprenderà più dai traumi subiti negli scontri.
Domenica 8 novembre, oltre 150.000 triestini rendono omaggio ai sei caduti in un corteo funebre che dalla cattedrale di San Giusto scende nel centro cittadino: è una nuova prova di dedizione della città e della sua popolazione all'Italia. Una giornata raccontata sulle colonne de Il Secolo d'Italia da Giorgio Almirante, in veste di cronista e testimone degli eventi, arrivato a Trieste in treno dopo essersi spacciato alla stazione di Monfalcone per un rappresentante di commercio e aver eluso i controlli della polizia civile esibendo un documento falso.
Ma è già tempo di latitanza per coloro che sono stati al centro degli scontri.
Ricorda in un suo scritto Franco Petronio, protagonista dell'insurrezione accanto al suo amico e coetaneo Francesco Paglia: «Non ci fu tempo per altri pensieri o per altre reazioni. La retata della polizia si era scatenata. Ai portici di Chiozza dove passai rapido, una camionetta della polizia finiva di bruciare, e allora il senso di quella lotta pur nella acredine e nell'incertezza della sorte e del dolore acuto delle perdite risultò chiara e lampante, una lotta disperata per non piangere, per non cedere, per affermare entro di sé che onore e coraggio hanno ancora un significato e lo avranno per sempre anche quando noi non ci saremo più. Il temp di sentir gracidare Radio Capodistria... "A Trieste dopo l'arresto di Fabio Lonciari e la fuga di Frane Petronio la situazione è tornata tranquilla" e via verso l'Italia e la salvezza».
Post di Triesteadestra
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