Ultras Trieste, derby contro l'Udinese di Coppa Italia, mercoledì 8 febbraio 1983/84
Al termine della partita il tifoso della Triestina Stefano Furlan, un ragazzo che frequentava la curva nord degli UTS sarà ripetutamente colpito, la testa sbattuta sul muro dello stadio, e quindi portato in questura, nel corso di inutili "cariche di alleggerimento" delle forze dell'ordine in assenza totale di incidenti.
Il giorno dopo si sente male, la madre lo porta in ospedale dove entra in coma. Morirà il primo di marzo del 1984 senza mai aver ripreso conoscenza.
All'epoca dei fatti giornalisti e pennivendoli cercarono dapprima di nascondere quel che accadde, per poi invece cercare di depistare con invenzioni di fantomatici incidenti tra tifosi, e cercare di far ricadere le responsabilità sull'estrema destra. Facilitati anche dal fatto che all'epoca i sistemi di comunicazione erano ben diversi da oggi: all'epoca a Trieste c'erano un quotidiano, una televisione locale e la redazione Rai non riuscirono comunque nei loro intenti, grazie innanzitutto alla caparbietà della mamma di Stefano.
Erano allievi di polizia quelli che avevano preso Stefano Furlan, solo uno di questi sarà processato e condannato ad una risibile pena per poi continuare la sua carriera.
Una cosa comunque è emersa: la verità!
Stefano Furlan è stato ucciso dai servi dello stato: ancora oggi ad ogni partita della Triestina viene lanciato sempre questo slogan dagli ultras alabardati e la cosiddetta " giustizia sportiva " puntualmente multa, in maniera beffarda, falsa e meschina la società sportiva alabardata perché i suoi tifosi rivendicano la verità.
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