mercoledì 11 settembre 2024

La storia di Abu Fani, il bomber arabo osteggiato dai nazionalisti d’Israele - Articolo


 


La storia di Abu Fani, il bomber arabo osteggiato dai nazionalisti d’Israele


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Era una partita che non poteva non far discutere, quella di lunedì sera tra Israele e Italia in Nations League. Sulla stampa italiana si è parlato molto di un gruppo di ultras azzurri che si sono voltati di spalle durante l’inno israeliano, e che in seguito si sarebbero resi protagonisti di alcune espressioni neofasciste, da saluti romani al canto “Avanti ragazzi di Buda”, fino ai cori contro Ilaria Salis (d’altronde, si giocava sul campo neutro di Budapest). Più marginalmente, qualcuno ha segnalato che il gol della bandiera realizzato nel finale da Israele sia stato opera di un giocatore di origini arabe, sottolineando la pluralità della selezione di Tel Aviv. Ma la storia di Mohammad Abu Fani, in realtà, racconta una realtà ben diversa.

Abu Fani è nato nel 1998 a Kafr Qara, un villaggio arabo circa 35 km a sud-est di Haifa, nel nord di Israele: fa parte del cosiddetto Triangolo, una zona in cui sono concentrati molti insediamenti arabi in territorio israeliano. Kafr Qara ospita circa 20.000 abitanti e, proprio al centro del villaggio, una base militare dell’IDF e la Firing Zone 109, un campo di esercitazioni di tiro. “Non è facile vivere in un posto del genere. – raccontava Abu Fani ad Haaretz, nel giugno 2023 – Senti sempre i colpi d’arma da fuoco, anche quando dormi. Ma, alla fine, ti ci abitui”. Vivendo vicino ad Haifa, Abu Fani è cresciuto nel settore giovanile del più importante club locale, il Maccabi, dove si è affermato come un ottimo centrocampista, debuttando in prima squadra nel maggio 2017 e poi vincendo tre campionati nazionali. Nell’autunno del 2022 ha anche giocato i gironi di Champions League, affrontando tra le altre la Juventus.

L’aspetto della sua vicenda che ci interessa di più, però, avviene nel giugno successivo, quando scende in campo con Israele al Teddy Stadium di Gerusalemme contro Andorra, in un match valido per le qualificazioni agli Europei del 2024. Non è la sua prima partita in Nazionale, eppure per la prima volta Abu Fani riceve insulti razzisti da parte dei suoi stessi tifosi: alcuni cori lo additano addirittura come “terrorista”, per via delle sue origini arabe. “Ho passato una notte difficile, ho pianto un sacco e ho avuto molti pensieri per la testa. – confessa poi ai media israeliani – Sono venuto qui per giocare con la Nazionale, e sono stato umiliato. I responsabili dovrebbero finire in prigione”. Dopo questo fatto, Abu Fani ha ricevuto grande supporto da tifosi e compagni di squadra, dal suo allenatore e anche da alcuni politici, come ad esempio il Ministro dello Sport e della Cultura Miki Zohar e il Presidente Yitzhak Herzog (non pervenuto, invece, il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, noto per la sua ostilità agli arabi).

Abu Fani ha ringraziato del supporto, ma ai politici ha chiesto meno parole e più azione per impedire ai razzisti di entrare negli stadi. Si trattava, probabilmente, di sostenitori del Beitar Gerusalemme, la squadra che tradizionalmente gioca al Teddy Stadium, che sono noti per essere la tifoseria più a destra del paese e per essersi sempre opposti all’ingaggio di giocatori arabi o musulmani nel loro club. Ma subire razzismo in Israele, sei hai origini arabe, non è una cosa insolita: ad Haaretz, Abu Fani ha raccontato che è una cosa a cui è purtroppo abituato in campionato, specialmente quando gioca contro il Beitar o il Maccabi Tel Aviv. Di certo, non si aspettava potesse accadere giocando con la Nazionale. A scanso di equivoci, nessuno dei responsabili degli insulti che ha ricevuto è mai stato identificato e punito, e forse il motivo è da ricercarsi nei profondi legami tra gli ultras del Beitar e il Likud: durante le proteste dell’estate 2020 contro Netanyahu, questi tifosi avevano addirittura aggredito dei manifestanti.

Quando è arrivato il 7 ottobre, Abu Fani si era già da qualche mese trasferito a giocare all’estero, firmando con gli ungheresi del Ferencváros. Nonostante questo, ha dovuto pubblicare sui suoi canali social un messaggio in cui condannava gli attacchi di Hamas. Ma oltre a questo aggiungeva: “Ogni volta che succede qualcosa del genere si chiede agli arabi di condannarlo, come se ne fossimo responsabili, e ciò è inaccettabile”. Il suo non è un caso isolato: il suo ex-compagno di squadra Dia Saba è stato costretto a lasciare il Maccabi Haifa a gennaio 2024, dopo che sua moglie aveva condannato sui social le violenze israeliane nella Striscia di Gaza, a causa delle dure proteste dei tifosi del club (che è considerato uno dei più inclusivi del paese). Nel 2022, uno dei più grandi calciatori arabo-israeliani di sempre, Moanes Dabour (ha giocato a lungo in Europa: Grasshoppers, Red Bull Salisburgo, Siviglia, Hoffenheim), ha deciso di ritirarsi dalla Nazionale per protesta, dopo gli insulti ricevuti per avere criticato l’atteggiamento di Israele in Palestina. Queste storie sono piccoli esempi di come l’integrazione degli arabi in Israele sia ben più complicata di quanto non potrebbe far pensare un giocatore musulmano che segna un gol con la maglia della selezione di Tel Aviv.

https://it.insideover.com/societa/la-storia-di-abu-fani-il-bomber-arabo-osteggiato-dai-nazionalisti-disraele.html?sfnsn=scwspwa

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