giovedì 11 dicembre 2025

DELLE CHIAIE E AVANGUARDIA NAZIONALE VERSO LA FINE DI UNA PERSECUZIONE?


 Comunicato stampa inviato a oltre 2400 mail di agenzie,
 giornali, giornalisti, politici


AAA Delle Chiaie e Avanguardia Nazionale verso la fine di una persecuzione. Dicembre 2025

Comunicato stampa sulle Procura di Caltanisetta e Delle Chiaie.


DELLE CHIAIE E AVANGUARDIA NAZIONALE VERSO LA FINE DI UNA PERSECUZIONE?


Lo diciamo da anni, era normale che il regime a suo tempo tentasse di eliminare Avanguardia Nazionale perché è stata l’organizzazione rivoluzionaria più pericolosa per le sezioni italiana e sudamericana dell’Ordine Mondiale Liberale.


LE RAGIONI DELL’ODIO


Avanguardia aveva iniziato con gli incidenti di Valle Giulia quando aveva tentato seriamente di rompere la logica degli opposti estremismi tentando di unire tutte le forze giovanili che non riconoscevano l’autorità della Casta e della finta meritocrazia liberale che ne nominava gli esponenti. Il divide et impera era in pericolo.


Avanguardia poi aveva continuato con la Rivolta di Reggio Calabria dove aveva dato voce alla periferia italiana che non sopportava più le decisioni arroganti della Casta e dei suoi partiti complici delle varie mafie locali. Ricordiamo che nei due rioni di Reggio, Sbarre e Santa Caterina, la periferia della periferia dove mancava da sempre l’acqua, la polizia non riuscì ad entrare per sette mesi neanche con le autoblindo. Poi fecero arrivare i carri armati quando Reggio stava per trasformarsi nella Belfast italiana.


E, per finire, col tentativo di sovranismo ante litteram, quando Avanguardia convinse i partiti boliviani a scavalcare i mediatori statunitensi che controllavano le vendite dei prodotti di quel paese. Quelli decidevano quanto vendere, a chi vendere e a che prezzo vendere, fino a quando Avanguardia non iniziò a contattare le maggiori industrie dei Paesi nonallineati per restituire ai boliviani la gestione di quei prodotti.


L’odio verso Avanguardia era diventato internazionale.


INIZIA LA PERSECUZIONE


Tutto questo generò una persecuzione nei confronti di quei militanti rivoluzionari. Una persecuzione tramite l’eliminazione fisica, le accuse giudiziarie e la diffusione di calunnie, necessarie per interrompere la forte potenzialità del messaggio di Avanguardia verso le fasce popolari più prevaricate.


Prima tentarono vari agguati contro delle Chiaie in Bolivia, concordati tra i servizi segreti americani e quelli italiani, come esplicitato a chiare lettere dal documento del Sismi desecretato nel 2014. A causa di quegli agguati avvenne l’omicidio politico di Pierluigi Pagliai, accusato ingiustamente per la strage di Bologna, senza che avesse mai commesso alcun reato. Omicidio mai indagato e ancora oggi irrisolto. Come pure resta irrisolto l’omicidio di un altro militante di Avanguardia Nazionale, Carmine Palladino, assassinato dai sicari del regime nel carcere di Novara. Anch’egli accusato per la strage di Bologna e anch’egli innocente. Era solo un rivoluzionario capace, onesto e coraggioso.


In quel periodo fu tutto un susseguirsi di accuse per le stragi in Italia, durate nel tempo ma poi tutte crollate per le enormi falsità in esse contenute, alcune debordanti nel ridicolo. Valga per tutte l’accusa di aver organizzato la strage di Bologna preparandola in una fabbrica di cerniere a San Giovanni in Persiceto, senza neanche aver controllato se esisteva quella fabbrica.


CI PROVANO ANCHE CON LA MAFIA


Liquefatto il filone delle stragi, la persecuzione era proseguita con l’accusa di un’alleanza tra Delle Chiaie e la mafia siciliana. Basata sul nulla e finita nel nulla come dichiarato dal procuratore Salvatore De Luca titolare delle indagini e come ribadito dal gip. Sul ruolo di delle Chiaie egli dice il 9 dicembre davanti alla Commissione Antimafia: “Giudiziariamente vale zero tagliato”. Poi lo ripete: “Zero tagliato”.

Pagherà adesso qualcuno dei giornalisti e dei politici che inventavano quelle accuse per i loro interessi?

BELLINI, ULTIMO CONIGLIO DAL CILINDRO

Finito tutto? No, resta ancora un’ultima calunnia, quella che un condannato per la strage di Bologna possa appartenere ad Avanguardia Nazionale, tale Paolo Bellini. Perché conta Bellini? Qualunque degli ex militanti di Avanguardia Nazionale avrà valutato: “Chi se ne frega se hanno condannato quel Bellini, mica nessuno di noi lo conosceva. Neanche sappiamo se veramente si chiama Bellini, neanche sappiamo se quella è veramente sua moglie, neanche sappiamo se veramente farà la galera. Radio Popolare di Milano ci ha insegnato come alcune carceri hanno le uscite separate, tipo il carcere di Bergamo dove, nelle celle dei pentiti erano visibili le racchette da tennis senza che nel carcere ci fosse un campo da tennis. Bellini potrebbe essere tranquillamente uno stipendiato di qualche ministero, quanti ne abbiamo visti”.

Tutto vero, ma non possiamo ignorare il tribunale di Bologna che ha respinto un corposo plico di documenti spedito dall’ex Presidente di Avanguardia Nazionale dove si dimostrava che Bellini non aveva niente a che fare con la sua ex organizzazione. Perché Bellini stesso non ha mai tentato di smarcarsi da Avanguardia Nazionale e anzi, imbeccato, ha corretto i suoi macroscopici errori di date pur di attestare quell’adesione?

Semplice, perché cambierebbe tutta la narrativa sugli omicidi di Pagliai e Palladino e sull’accusa di stragismo nei confronti di Avanguardia. Oggi la tesi dei calunniatori è la seguente: “Inutile indagare su quei due omicidi, anche se Pagliai e Palladino erano innocenti facevano pur parte di un’organizzazione stragista. Erano nello stesso gruppo di Bellini”. Ecco a cosa serve Bellini, ecco a cosa serve il plico di documenti con il timbro RESPINTO del tribunale di Bologna.

LA PERSECUZIONE E’ FINITA?

Sarà finita quando si scoprirà chi è Bellini e quando si scopriranno i mandanti e gli assassini di Pagliai e Palladino.

Maria Carola delle Chiaie, gil ex militanti e gli ex sostenitori di Avanguardia Nazionale.

CARTA PER DERETANI

 


Gilberto Cavallini: Detenuto o nemico del popolo? - VIDEO







lunedì 8 dicembre 2025

NOI STIAMO CON "PASSAGGIO AL BOSCO"

 




Passaggio al Bosco Edizioni


Dopo cinque giorni intensi, che ci hanno visti al centro di una grottesca bagarre mediatica, siamo giunti al termine della più discussa edizione di “Più Libri, Più Liberi”. Coerentemente con quanto annunciato, abbiamo declinato ogni invito televisivo, affidando il nostro commento a questa breve nota. Tale profilo asciutto, per niente incline alla polemica o alla ribalta, è la cifra di uno stile che non accetta lezioni morali e che al contempo rifiuta ogni sterile vittimismo.
Abbiamo assistito - sempre col sorriso sulle labbra e senza mai cedere alle provocazioni - allo psicodramma collettivo di una sinistra in fase terminale: proposte di censura in nome della libertà, “diserzioni” fisiche con gli stand aperti e stucchevoli proteste cadute nel vuoto. Hanno fatto tutto da soli: si sono indignati, poi organizzati e infine divisi. Il risultato è lampante: il cortocircuito di un’egemonia culturale che si è ridotta al solo business, che si definisce per antitesi, che innalza recinti morali, che elargisce scomuniche preventive e che pretende di stabilire arbitrariamente che cosa sia lecito scrivere, leggere e persino pensare.
Cosa rispondiamo, dunque, ai nostri detrattori? Li ringraziamo sinceramente. Eravamo un progetto editoriale emergente e adesso ci conoscono tutti: abbiamo esaurito i nostri libri e siamo stati contattati da una miriade di distributori, di autori, di traduttori, di correttori, di grafici, di agenti e di librai. Quello che doveva essere un boicottaggio - avanzato omettendo la vastità di un catalogo che tratta mille e più argomenti, pur non rinunciando ad una propria identità di fondo - si è trasformato in uno straordinario e involontario mezzo pubblicitario. Da adesso, senza dubbio, esiste un’editoria non allineata che potrà contare su un pubblico importante.
Il ringraziamento più autentico, che coinvolge anzitutto gli organizzatori della fiera, lo rivolgiamo però alle migliaia di persone che ci hanno espresso la propria solidarietà: tra queste, inaspettatamente, anche tantissimi lettori di sinistra che si sono detti stanchi di veti imposti, tribunali improvvisati e pubbliche gogne. Ciò dimostra plasticamente, tra le altre cose, il totale distacco dalla realtà di quella chiassosa minoranza incattivita che vorrebbe tenere in ostaggio il mondo della cultura.
Ai tanti che ci hanno esortati a non mollare, infine, rispondiamo con la forza tranquilla che ha sempre animato la nostra opera controcorrente: “esistere è combattere quel che mi nega".

VISITA LA PAGINA

8 DICEMBRE 1970: QUEL SOGNO...


 "Si viene puniti soprattutto per le proprie virtù.”

Friedrich Nietzsche - Al di là del bene e del male

Notte tra il 7 e 8 dicembre 1970 - Il Golpe Borghese
Ricordi di quella storia sconosciuta troppe volte raccontata, o meglio riscritta da giornali, tv, intellettuali, eccetera, a seconda delle convenienze del momento, in un capitolo tratto dal libro di Adriano Tilgher "La Mia Avanguardia"
1970 – IL GOLPE BORGHESE
Quante fantasie, quante costruzioni immaginarie, quante illazioni su quello che poteva e doveva essere un atto rivoluzionario.
Per noi ventenni il 1970 è stato un anno eccezionale, il ritorno come forza politica all’Università di Roma, la rivolta di Reggio Calabria, il Golpe Borghese.
Sono anni particolari, la gente, dopo il ’68, dopo l’autunno caldo del ’69, dopo la strage di Piazza Fontana, con l’inizio della sistematica distruzione delle capacità delle giovani generazioni attraverso l’eroina, con l’assoluta mancanza di una univoca conduzione politica, sente il bisogno di frenare il lassismo, il menefreghismo, il sempre crescente sviluppo della corruzione.
Nelle Università di tutta Italia, nelle piazze delle città più difficili, negli stadi, nei bar, in tutti i luoghi di pubblico incontro si parla di questo: la gente aspetta il golpe, la gente vuole il golpe, la gente vuole il cambiamento.
Io non so se effettivamente ci fu un tentativo di colpo di stato, o qualcos’altro, certo la mattina e la sera del 7 dicembre furono per noi estremamente impegnative e segnarono in modo significativo le nostre vite future.
Prima di entrare direttamente in ciò che avvenne quella sera è opportuno rispondere subito a chi, seduto in comoda sedia, da buon rivoluzionario da tastiera, ha detto in passato e, probabilmente, può ripetere in futuro le assurde accuse di collusione con gli apparati dello stato da parte di chi vuole tentare un colpo di stato.
Intanto stiamo parlando di tempi diversi rispetto agli attuali, le strutture statali erano ancora serie e solide perché venivano fuori dalla scuola degli anni 30 e dei primi anni 40, quando ancora si veniva educati al dovere ed all’amor di patria.
Poi, il nostro punto di riferimento unico ed assoluto era il Comandante Junio Valerio Borghese, un uomo sulla cui dirittura morale non è possibile discutere. Ne fa testo la sua storia: comandante della X flottiglia Mas, decorata con decine di medaglie d’oro per aver violato in tempo di guerra i più muniti e difesi porti militari inglesi, arrecando ingenti danni alla loro marina da guerra, difensore dei siti industriali del Nord Italia, dopo l’8 settembre del 1943, e, anche dopo il 25 aprile del 1945, soccorritore degli indifesi Italiani alla frontiera Jugoslava dove i partigiani, titini e non, infoibavano chiunque venisse loro a tiro, ed ora prestato alla politica a causa del grave disagio in cui vive l’Italia. Infine, se è vero che un colpo di stato si fa con la partecipazione di strutture che sono dello stato dell’epoca e, quindi, potenzialmente nostre avversarie, è anche vero che nostri uomini, eredi del passato, erano ancora in quelle strutture e, in più, avevamo la consapevolezza che quell’atto, se ne fossimo stati protagonisti, avrebbe fatto crescere la nostra capacità “contrattuale” nella fase successiva.
Non avremmo mai consentito, e questa era una nostra volontà precisa, avallata, condivisa ed imposta dal Comandante Borghese, che i militari prendessero in mano le redini del governo. Infatti, se si fosse realizzato, per noi sarebbe stato un autentico atto rivoluzionario che ci avrebbe consentito di iniziare a capovolgere gli esiti di sudditanza totale agli interessi antinazionali che avevano vinto il conflitto mondiale.
…E poi, detto in chiare lettere, avremmo dato una forte scossa, sia alla staticità della politica, sia alla strana piega sovversiva che stava prendendo la società ormai indirizzata velocemente verso l’abolizione di qualsiasi valore umano e sociale, preda sempre più dell’interesse economico, e dei conseguenti disvalori, quali la corruzione, il furto, lo sfruttamento del prossimo… i cui esiti stiamo vivendo drammaticamente ai giorni nostri.
Era una giornata strana quel 7 dicembre, già dalla sera prima avevo allertato i gruppi più fidati ed audaci: convocazione in vari punti della città per contestare l’arrivo in Italia di Tito, il massacratore di Italiani, l’infoibatore, e per prevenire possibili provocazioni.
La mattina la passiamo in interminabili discussioni su tutte le possibilità e sul nostro ruolo. Ognuno ha il suo compito. Io sto con tutto il nucleo universitario in via Arco della Ciambella, la convocazione è per le ore 15; la puntualità è una delle nostre caratteristiche.
Alle 15 la nostra sede storica è già piena di tutti i convocati: l’aria è tesa, l’entusiasmo si tocca con mano, la solita atmosfera di forza e potenza è moltiplicata quest’oggi, si respira un’aria d’azione e di novità.
Siamo abituati alla disciplina, all’ordine, all’autocontrollo nonostante la giovane età. Ognuno svolge in silenzio le solite mansioni politiche per la normale attività. Alle 16 qualcuno spiega le ragioni per cui siamo convocati e illustra in modo puntuale perché la visita del boia Tito fosse un’offesa contro l’Italia e le migliaia di innocenti assassinati nelle foibe: pagine indimenticabili che la storia ufficiale ha volutamente cancellato dai libri di testo. Sono queste spudorate menzogne che hanno profondamente minato il senso di appartenenza e l’identità del popolo italiano.
Il tempo trascorre lentamente, le ore non passano mai, la tensione cresce ma tutti sanno che si deve restare in attesa. Io resto chiuso nella stanza della direzione con gli altri dirigenti: sappiamo che possiamo contare sulla serietà dei nostri militanti Infatti nessuno si lamenta per la mancanza di notizie, né per l’inattività; siamo tutti giovani che sanno cosa sia il sacrificio e quanto pesi agire senza subire conseguenze ovvero ottenere il maggior risultato con il minor sforzo.
Alle 20 suonano alla porta, vengo chiamato: sono due giovani del Gruppo Delta, un improvvisato movimento universitario romano. Vado alla porta, mi dicono che sanno che qualcosa di importante sta per succedere a Roma, hanno fatto tardi e vogliono aggregarsi a noi. Rispondo che non ne sappiamo nulla e che siamo riuniti nella nostra sede solo per difenderla da eventuali attacchi da parte dei compagni in occasione della visita di Tito e per intervenire in qualsiasi parte della città in caso di necessità o di opportunità per contestare concretamente la presenza di Tito a Roma. Mi chiedono di restare comunque con noi, ma rifiuto: non posso permettere che i nostri giovani stiano insieme a persone che confessano di aver fatto tardi per un appuntamento che, a loro dire, era “qualcosa di importante”: non sono persone serie!
Ovviamente, nella nostra sede, tutti sono rimasti al loro posto e nessuno ha ascoltato le frasi degli improvvisati visitatori. Non c’era alcun segno di stanchezza ma tanta adrenalina, tanto entusiasmo, tanto desiderio di entrare in azione. Alle 23 arrivano due persone, che nel pomeriggio erano venute altre due volte per metterci al corrente della situazione, ci comunicano che entro un’ora sarebbero venuti a prenderci e, quindi, di prepararci.
Alle 23,30 comunichiamo ai nostri militanti presenti, tutti trepidanti per il movimento che avevano visto, che stavamo per entrare in azione: silenzio, pathos, emozione, freddezza esteriore sono le prime reazioni. Per scaricare la tensione consiglio a qualcuno di fare alcune flessioni, data l’ora tarda, chiedo se c’è chi ha voglia di tornare a casa: sguardi freddi ma pieni di tensione e ghigni di sfida sono l’unica risposta che ricevo. Siamo pronti!
Alle 24 in punto suonano nuovamente alla porta: ci siamo!
E’ la stessa staffetta di sempre: contrordine, tutti a casa.
No, non ci stiamo, dobbiamo fare qualcosa: dobbiamo andare avanti. Anche io sono dello stesso parere: se si rinvia non si fa più, d’altra parte Tito partirà l’indomani mattina. Proviamo a forzare la mano; niente da fare, gli ordini non si discutono.
Stancamente con la delusione sul volto e nell’animo usciamo dall’Arco della Ciambella con l’impegno che nessuno ne avrebbe parlato neanche fra di noi… e così è stato.Due anni dopo sulle prime pagine dei giornali leggiamo che quella notte in quelle ore c’era stato un tentativo di colpo di stato: nomi, arresti, situazioni e fatti vengono descritti nei particolari. Escono i nomi degli informatori, vengono trovate agende di persone che appuntavano tutto ma, su Avanguardia Nazionale, non esce nulla. Nessuno viene arrestato, nessuno viene incriminato, anche se cercano di metterci dentro la situazione in tutti i modi. L’unico che tentano di colpire giudizialmente è il designato capro espiatorio di tutti gli eventi importanti di quegli anni e dei successivi, Stefano Delle Chiaie, ma quella sera, e ne sono testimone telefonico diretto, era all’estero. Nei giorni successivi cercheremo di avere dettagli e mi sono fatto un’idea precisa di quanto accaduto, o di quanto avessi ragione nella mia idea di andare avanti. Ho provato a storicizzare l’evento, in un recente passato, sia per rimarcare l’enorme figura del Comandante Borghese, sia per dare i giusti meriti a chi, ha sacrificato tutto sé stesso per raggiungere un sogno incredibile e far capire agli Italiani chi sono gli sconosciuti che hanno cercato di dare all’Italia un futuro migliore. Troppe polemiche, molta delusione: evidentemente il tempo ha cancellato quella grande energia e quella voglia di cambiare. Fermo qui i miei ricordi per evitare di tributare il giusto prestigio a chi non lo vuole e intende restare nell’anonimo silenzio.
.

DELLE CHIAIE E AVANGUARDIA NAZIONALE VERSO LA FINE DI UNA PERSECUZIONE?

  Comunicato stampa inviato a oltre 2400 mail di agenzie,  giornali, giornalisti, politici AAA Delle Chiaie e Avanguardia Nazionale verso la...