domenica 17 agosto 2025

LA PIU’ GRANDE STRAGE DELLA REPUBBLICA ITALIANA - 18 AGOSTO 1946


Una strage comunista ed anti italiana con e con il silenzio complice degli " alleati " e della repubblica italiana.
Un segnale inequivocabile “italiani andatevene”.
Il 18 agosto 1946 era una domenica di sole. Quel giorno sulla spiaggia di Vergarolla, a Pola ancora italiana, si svolgevano importanti gare di nuoto; vi erano accalcati almeno duemila polesani, intere famiglie con molti bambini.
Vicino a loro, alle 14 e 15 esplosero 28 ordigni. Erano mine antisommergibile e testate di siluro disinnescate da tempo, rese tanto sicure che i bambini ci giocavano ogni giorno a cavalcioni e le madri vi stendevano i costumi ad asciugare.
Ma ore prima una mano assassina le aveva riattivate. I morti furono più di un centinaio, dei quali riconoscibili 60 (i morti ufficiali) gli altri polverizzati.
Il mare era rosso del loro sangue, brandelli di carne ricaddero sui pini, e i gabbiani se ne cibavano con grande eccitazione.
Si era in tempo di pace, la guerra era finita da oltre un anno, la Repubblica Italiana era nata da due mesi e mezzo: quella di Vergarolla è dunque la prima e la più sanguinosa strage terroristica nella storia della Repubblica.
Questa immane tragedia fu subito insabbiata e per quasi settant’anni coperta dalla congiura del silenzio, in attesa che il tempo eliminasse via via i testimoni e ne cancellasse ogni ricordo.
Se per le grandi stragi successive, decenni d’indagini non sono bastati a fare chiarezza su mandanti ed esecutori, ancor più Vergarolla è rimasta avvolta nel sudario dell' omertà e dell' oblio.
Solo da alcuni anni, con l'apertura degli archivi dei paesi vincitori, quando testimoni diretti, mandanti e esecutori erano quasi scomparsi, giovani ricercatori hanno potuto studiare su pochissimi documenti.
Ci sono ancora voci di chi può ricordare, allora bambini, oggi ultra ottantenni, che conservano negli occhi l' incancellabile immagine dei corpi straziati di madre e padre, negli orecchi le strida dei gabbiani che si contendevano i resti umani.
Pola fu annientata, il suo spirito e quello dei suoi abitanti fu completamente distrutto.
Le autorità jugoslave incolparono subito il governo alleato di scarsa sorveglianza.
Non si seppe la verità e non ci fu giustizia. A Pola, dal 1947 jugoslava e poi croata, il silenzio omertoso ha coperto e continua a coprire mandanti ed esecutori. Inequivocabilmente fu un attentato.
Va sottolineato che il delfino di Tito Milovan Gilas, poi caduto in disgrazia, in una intervista rilasciata al quindicinale fiumano Panorama (21 luglio 1991) dichiarò: «Nel 1946 io ed Edward Kardelj, stretto collaboratore di Tito, andammo in Istria a organizzare la propaganda anti-italiana… bisognava indurre gli italiani ad andare via con pressioni di ogni tipo. Così fu fatto.»"dalla rete



 


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